Don Amedeo Cristino, don Leonardo Di Mauro, don Francesco De Vita, don Leonardo Di Ianni, don Angelo Valente e don Nazareno Galullo, sono partiti per il Benin come missionari “Fidei donum”. Ma cosa vuol dire “Fidei donum”? Per comprendere questa espressione bisogna tornare al 21 aprile 1957, giorno in cui il Papa Pio XII dona alla Chiesa la lettera enciclica Fidei donum.
Questo documento contiene una proposta eccezionale e nuovissima nel campo dell’impegno missionario. Fino al momento della promulgazione dell’enciclica, la missione ad extra pur rimanendo, a livello teorico, dovere di tutta la Chiesa, praticamente, lungo i secoli, è stata attuata dall’opera generosa ed eroica di una schiera di “specialisti” (gli Istituti Missionari), guidati dal Sommo Pontefice e dalla Congregazione di Propaganda Fide. Pio XII rompe questo schema, raccogliendo una esigenza che nel frattempo era andata
maturando in seno alla Chiesa. Il Papa afferma che tutti i Vescovi, in funzione del loro essere legittimi successori degli apostoli sono solidamente responsabili con il successore di Pietro della missione della Chiesa che “deve abbracciare tutte le nazioni e tutti i tempi” (Fidei Donum, n.15).
Come esprimere questo impegno missionario? Ecco la novità: il Papa incoraggia i Vescovi ad inviare sacerdoti diocesani in missione.
Se la Fidei donum richiama i Vescovi alla sollecitudine per tutte la Chiese, la Presbyterorum Ordinis fa ancora un passo in avanti. Leggiamo, infatti, al n° 10a: “Il dono dello Spirito che i presbiteri hanno ricevuto nella ordinazione non li prepara ad una missione limitata e ristretta, bensì ad una vastissima e universale missione di salvezza fino agli estremi confini della terra… Ricordino, pertanto, i presbiteri che ad essi incombe la sollecitudine di tutte le Chiese…”. I sacerdoti Fidei donum sono, allora, sacerdoti diocesani che continuano a servire la loro Chiesa di origine pur svolgendo le loro mansioni presso altre diocesi, in particolare presso Chiese in terre di missione.