Mi ritrovo dopo alcuni giorni dal rientro dal viaggio nella missione di Cotiakou a scrivere alcune riflessioni. Scrivo con la consapevolezza che le parole non sono sufficienti per spiegare tutto ciò che ho visto e vissuto.
In questa esperienza eravamo in quattro ragazzi: Ciro, Giuseppe, Nicola ed io accompagnati da don Nico che è stato un po’ la nostra guida in questo viaggio spiegandoci tutte le tematiche e le problematiche principali dell’Africa, facendoci capire l’importanza di tante cose che noi spesso diamo per scontate, indicandoci inoltre la strada giusta da intraprendere.
In questi 21 giorni abbiamo condiviso il Santo Natale e l’inizio del nuovo anno insieme alle persone di Cotiakou, ai due missionari don Angelo e don Leonardo e, negli ultimi giorni, insieme anche al vescovo don Gianni e altri sacerdoti.
Questa esperienza vissuta a Cotiakou è stata talmente intensa e forte da rimanere impressa nel mio cuore facendomi capire l’importanza di quei piccoli gesti ai quali, nella mia vita quotidiana a San Severo, non facevo neppure caso. Per esempio la fatica dell’andare a prendere l’acqua ad un pozzo che, la maggior parte delle volte, era parecchio distante mentre a noi basta aprire un rubinetto per avere tutta l’acqua che vogliamo. Sono rimasto colpito dal loro desiderio di ascoltare la Parola di Dio che li rende disponibili a fare chilometri per andare a Messa. Inoltre un’altra cosa che ho apprezzato moltissimo è stata la loro accoglienza molto speciale e calorosa che ci ha fatto sentire sempre in famiglia e mai degli stranieri addirittura donandoci del cibo anche se loro sono molto poveri. Questo mi ha fatto pensare alla nostra difficoltà nel dare accoglienza pur essendo molto più ricchi di loro e al fatto che noi, pur avendo tutto, ci lamentiamo sempre mentre a loro basta poco per sorridere.
Per concludere vorrei ringraziare tutti coloro che hanno contribuito a rendere bellissima questa esperienza che porterò sempre nel cuore. In modo particolare vorrei ringraziare soprattutto Don Angelo e Don Leo, i nostri due missionari di Cotiakou o, per meglio dire, i “sacerdoti del mondo” che spendono la loro vita per potare avanti la “missione per conto di Dio”.
Simone Mitolo
La mia esperienza in Benin , è stata ricca di tantissime emozioni che mi hanno fatto riflettere su molte cose che noi occidentali ormai abbiamo perso. Una di questa è il senso dell’ospitalità. Ci siamo sentiti accolti con tanto calore (nel vero senso della parola) dalla gente del villaggio di Cotiakou. Sono rimasto profondamente colpito dal fatto che, in alcune occasioni, hanno donato delle galline a noi che in fondo non ne avevamo bisogno mentre loro fanno fatica a tirare avanti… Sono gesti che fanno riflettere molto.
Durante la nostra permanenza abbiamo avuto la possibilità di confrontarci con un gruppo giovani che frequentano la parrocchia e abbiamo potuto constatare che la loro fede, pur essendo una fede giovane, è una fede molto più forte della nostra. Per non parlare della loro giornata tipica… Basti dire che si alzano alle 4.30 del mattino! Detto questo, detto tutto.
Un’altra cosa che abbiamo potuto vedere è quanto bene c’è in tutto il mondo anche se noi non ne siamo a conoscenza, tipo le scuole cattoliche finanziate dall’8 per mille della Chiesa italiana, reparti ospedalieri, dispensari e molte altre realtà delle quali però qui in Italia non ne sentiamo proprio parlare, mentre è molto facile sentir parlare sempre e solo delle cose che non vanno bene. Questa è la cosa che più mi ha colpito, anche perché avevamo ogni giorno davanti un’esempio chiaro di questo bene che sono i due sacerdoti missionari Don Angelo e Don Leonardo che io voglio personalmente ringraziare per averci fatto sentire a casa e anche perché ormai da anni sono in missione per un unico motivo: quello di diffondere la parola di Dio
tra chi non ha la possibilità di conoscerla perché non è nato nella parte “giusta” della terra.
Un ultimo ringraziamento lo vorrei fare a Don Nico e i miei compagni di viaggio per aver reso questa esperienza indelebile e per avermela fatta vivere al meglio.
Ciro Cassone
Questa è stata un’esperienza molto forte e significativa per me. Inizialmente non è stato facile ambientarsi, proprio perché, eravamo in un altro continente con usi e tradizioni ben più diversi dai nostri e oltre a questo un altro fattore che mi ha fatto capire di essere veramente lontano da casa è stata la temperatura in quanto siamo stati accolti da 30° e da più del 90% di umidità, tutto questo durante le festività natalizie che è una cosa molto strana, anzi improbabile che accada da noi. Con il passare del tempo, però, sono riuscito ad ambientarmi, anche se c’erano alcune cose che non riuscivo proprio a capire, ma a tutte le mie perplessità c’era una parola che riusciva a dare una risposta QEA (Questa È l’Africa). Una volta arrivati al villaggio, ho dovuto ricominciare di nuovo a cercare di ambientarmi e la nostalgia di casa, soprattutto durante le feste, di faceva sentire. Nonostante tutto, per fortuna, quando ero a contatto con le persone tutti i miei pensieri svanivano questo grazie alla loro gentilezza. Sono tante le cose che mi hanno colpito e mi hanno fatto riflettere. Anzitutto la fede di queste persone che mi è sembrata autentica, sincera e forte. Ho potuto fare un’esperienza di Chiesa diversa da quella che avevo fatto in precedenza: la semplicità e la bontà del vescovo di Natitingou Antoine, la vita dei missionari, il condividere la vita con diversi sacerdoti e anche con il nostro vescovo mi ha fatto sentire davvero bene. Un’esperienza per me molto significativa è stata quando siamo andati in un villaggio sperduto senza corrente elettrica, senza rete cellulare e, sicuramente, con pochi mezzi per tirare avanti. Nonostante questa evidente povertà alla fine della Messa ci hanno regalato diverse galline. Anche se per noi può sembrare banale, per loro non lo è affatto. Questo avvenimento mi ha fatto capire molte cose tra cui il fatto che noi oramai abbiamo perso quasi del tutto i rapporti reali tra persone. Mi ritengo fortunato ad aver fatto questa esperienza, perché nel nostro mondo stiamo smarrendo i sentimenti e questo viaggio mi ha fatto capire molto e sicuramente, con il passare del tempo, mi renderò ancora di più conto di quanto sia stato importante questa esperienza.
Giuseppe Visconti
Eccomi dopo 3 giorni dal mio rientro a dover mettere nero su bianco ciò che ho vissuto, capito e soprattutto provato nei venti giorni della mia permanenza nella parrocchia di Cotiakou. Ebbene, la prima cosa che mi viene in mente di dover sottolineare è la capacità di accoglienza di don Angelo e don Leonardo, i sacerdoti che si occupano della missione laggiù; sin dal primo momento che siamo entrati in casa ricordo solo momenti di gioia ed apprendimento vissuti assieme.
Stessa capacità di accoglienza è tenuta dalla popolazione del villaggio, e di quelli limitrofi, i quali pur di ringraziarti per quell’ora passata assieme (o per la catechesi o per la Messa) si privano di un potenziale pranzo/ merce scambiabile quali galline o uova. Bello è stato anche vedere che esiste una Chiesa “non convenzionale”, diversa insomma da quella cui siamo abituati. Abbiamo visto una Chiesa che rende possibile l’istruzione e l’entrata diretta nel mondo del lavoro; nonché una Chiesa davvero vicina alle persone, quale quella che si occupa dell’ospedale di Tanguieta e le suore della scuola per sordomuti di Peporiyakou.
Da questa esperienza ho potuto capire bene una cosa: ho compreso il significato della frase “l’essenziale è invisibile agli occhi”, perché è proprio vero che nella nostra società si è persa l’abitudine di stringere bei rapporti fra persone, che è una delle prime cose che è avvenuta lì a Cotiakou. Riconosco che se non avessi stretto molti rapporti, se non fossi sceso al pozzo o se non avessi cercato di comportarmi come loro in mezzo a loro, ora, qui non saprei cosa scrivere, non avrei argomenti da trattare, perché non li avrei vissuti… Ed invece, proprio vivere questo “essenziale”, mi ha riempito il cuore di gioia e la mente di tanti bei ricordi!
Nicola Cota