Trent’anni meravigliosi!
Trent’anni meravigliosi!

Trent’anni meravigliosi!

Questa sera abbiamo dato inizio ai festeggiamenti per i trent’anni dell’Epicentro con la celebrazione della Messa presieduta dal nostro vescovo don Gianni Checchinato. Vista la sua imminente partenza per la diocesi di Cosenza, è stata anche l’occasione per salutarlo e dirgli tutto il nostro affetto. Preferisco non aggiungere altro e riportare, invece, quanto Mauro Camillo ha scritto per l’inizio di questo anniversario e il suo saluto a don Gianni.

L’Epicentro Giovanile rappresenta un bel pezzo della mia vita. Si tratta di una storia d’amore, di quelle che nascono da adolescenti e che ti accompagnano per tutta la vita, andando anche oltre l’effettivo stare insieme che, almeno per ora, non ci è mai mancato. Avevo 14 anni quando tutto iniziò e ne ho 41. A cifre invertite non cambia il mio sentirmi a casa tra quelle mura.

Voglio che sia subito chiaro che l’Epicentro è per me qualcosa che va oltre le mura che lo ospitano e che danno semplicemente corpo a quello che resta il sogno di “stare insieme in un modo diverso”.

Quando ci misi piede per la prima volta, invogliato dal passa parola tra ragazzi e dagli inviti di d. Nico, il posto non era proprio accogliente e soprattutto i “salesiani” avevano fama di essere luogo poco sicuro considerando i precedenti decenni di abbandono. La casa della Caritas Diocesana non era neppure in progetto, il vialetto era poco illuminato, il piazzale non era asfaltato e con la pioggia diventava un guado. Adesso abbiamo l’illuminazione esterna ed addirittura un bellissimo giardino con tanto di laghetto artificiale e pesci rossi. Quello che però davvero conta non è l’evoluzione urbanistica ma il fatto che negli anni centinaia di ragazzi e ragazze della nostra bistrattata e complicata Città hanno trovato e trovano oggi un luogo di aggregazione libero ed allo stesso tempo accudito, senza regole e contemporaneamente ordinato, dove non si hanno compiti assegnati e tuttavia tanta responsabilità.

Tutto in ormai 30 anni.

L’Epicentro mi ha dato la possibilità di crescere come uomo e come credente. Per dirla con San Giovanni Bosco, è stata scuola per provare a diventare un buon cristiano ed un onesto cittadino. In palestra ho giocato a perdifiato a pallacanestro, ho percorso chilometri fino a notte fonda sul campetto di asfalto in interminabili partite di calcio, nei corridoi ho avuto a che fare con giovani di ogni estrazione sociale, nelle stanze ho conosciuto alcuni tra i miei più cari amici. E pensare che tutto ebbe inizio con un tavolo da ping-pong a cui si accedeva senza pagare. Non avevo soldi in tasca, come del resto i miei amici di allora, e quindi la scelta fu facile tra la strada e l’Epicentro. Ricordo che eravamo in tre, poi la vita non sempre viene come vuoi e rimasi solo io a frequentare. Nel frattempo però avevo allargato le mie amicizie e scoperto che la Chiesa aveva un volto che non mi era mai stato mostrato e che aveva posto anche per me. Ero stato accolto e considerato, cosa che quando si è adolescenti diventa vitale. Negli anni ho poi provato ad essere tra coloro che tentano di accogliere e vedere quanto di buono c’è nei nostri ragazzi, anche e soprattutto quando è ben nascosto.

Credo che oggi, nel suo trentennale, l’Epicentro mantenga ancora il suo ruolo di supermercato per i giovani, dove ognuno può prendere ciò di cui ha bisogno liberamente. Che sia semplicemente giocare oppure fare un cammino importante di fede. Naturalmente i tempi sono cambiati e di conseguenza i linguaggi. Resta però immutato il bisogno dei ragazzi di avere riferimenti certi, che non tradiscono e che riescano a chiamarli con il loro nome anche mentre sono nella massa. Lo dico sempre: l’Epicentro è una realtà missionaria della nostra Diocesi in quanto è rivolta ai ragazzi che sono lontani dalle parrocchie e che non possono essere raggiunti dal messaggio evangelico se non con esperienze pratiche di fede, speranza e carità che siano slegate da bizantinismi e recinti che purtroppo spesso caratterizzano il mondo cattolico.

E come la Missione, anche noi non possiamo accamparci e dobbiamo essere sempre in cammino sperando di aggiungere nuovi amici alla nostra strada.

Buon compleanno all’Epicentro!

  

Caro don Gianni,

eccoci qua. Questa sera ho l’onore e l’onere di porgerti il saluto della nostra comunità. Il nostro arrivederci. Lo faccio con la fede che i nostri piani non sempre sono i piani del Signore. Lui sa. A noi oggi spetta saper volgere al bene anche le cose che adesso non ci piacciono ed un giorno, bontà Sua, capiremo. Confesso di avere il cuore pesante per l’affetto che mi lega a te. Non è mai facile lasciar andare gli amici.

Nei tuoi anni da Vescovo di San Severo non hai mai fatto mancare il tuo sostegno all’Epicentro Giovanile, come credo a tutte le realtà del nostro “condominio”. Hai creduto, forse prima ancora di arrivare nella nostra terra, in quell’idea che, per alcuni, ancora oggi e dopo 30 anni, è uno spreco di risorse e di tempo. Ci hai guardati con amore di padre ed accompagnati in modo discreto. Hai visto il bene della nostra storia.


Il primo grazie è proprio per questo: ti sei fidato di chi ti ha preceduto e di don Nico.

Ti diciamo un secondo grazie per esserti accorto dei bisogni dei ragazzi e delle ragazze di questa città e per esserti fidato di loro. Se l’Epicentro esiste è per loro, con loro ed ogni tanto nonostante loro.

La fiducia nel bene la può avere chi ha il cuore vicino a quello di Dio che sempre ci ama nonostante i nostri tentennamenti. Lui sa che noi siamo “benedizione originale” e non certo peccato.

Grazie per tutte le volte che hai potuto passare del tempo con noi soprattutto nell’informalità del nostro stare insieme.

Stasera avviamo ufficialmente quello che vogliamo sia un anno speciale. Facciamo 30, cifra tonda. E celebrare con te l’Eucarestia significa che tu farai festa con noi anche se da lontano.

Ci siamo ritrovati in tanti, giovani di un tempo e giovani di oggi per dire insieme a te grazie a Dio. Grazie per gli anni passati, per le gioie, per le prove, per i viaggi, per le amicizie, per gli amori, per gli spettacoli teatrali, per la musica ascoltata e quella suonata, per la Missione, per le “serate con Thè”, per i semi messi in terra che non sono ancora cresciuti, per chi c’era, per chi c’è e per chi ci sarà. Per tutta questa storia di Chiesa che anche grazie a te ha continuato a pellegrinare.

Don Gianni, andrà tutto bene ma non come si urlava dai balconi in pandemia. Ti auguriamo di cuore di non perdere mai il sorriso e la voglia di stare in mezzo alla gente. Ai fratelli ed alle sorelle di Cosenza sappiamo di fare un bel dono. Abbracciali da parte nostra e, se vuoi, raccontagli di noi.

Mauro Camillo