Era il 1999 quando cominciai a frequentare l’Epicentro e anche se ormai ho 37 anni e non lo frequento più da molto tempo, è sempre stato per me un importante punto di riferimento. Confesso subito di aver avuto delle difficoltà nel mettere giù queste poche righe sul “Centro”, non soltanto per ragioni di tempo, specialmente perché mi sono accorto di non essere più abituato a mettere nero su bianco ciò che provo in generale. È un esercizio che facevo spesso quando lo frequentavo, mi permetteva di leggermi dentro come mai facevo prima. Riassumere dunque quello che è stato per me l’Epicentro, su un pezzo di carta, mi pare un’impresa riduttiva se non addirittura impossibile! Nell’universo di vissuti ed emozioni che porto dentro, riesco però a scorgere dei ricordi che mi portano alcune riflessioni.
Ho sempre pensato che la vita di ogni essere umano sia il riflesso delle proprie esperienze; mi rendo conto, appunto, di essere stato fortunato a vivere quelle che più mi hanno segnato attraverso il Centro. A quell’epoca, dopo la scuola, girovagavo un po’ dove capitava, ero in cerca di piccoli divertimenti e avventure, non pensavo certo all’essenza della vita. Un giorno, ricordo di aver marinato la scuola e insieme ad alcuni compagni che conoscevano un prete che abitava ai “Salesiani”, andammo a salutarlo e a cercare rifugio all’Epicentro. In quella occasione conobbi Don Nico, per tutti “Nico”, un prete sì, ma non il classico prete: niente tunica o colletto bianco, niente anelli o crocifissi d’oro; solo un paio di pantaloncini, t-shirt, sandali da trekking, note dei Pink Floyd fuoriuscire dalla sua stanza, un linguaggio giovanile, ma soprattutto una capacità empatica unica per noi giovani; a quei tempi tutto ciò era inusuale per un sacerdote. Così, come travolto da un’onda, cominciai a frequentare il centro, non immaginavo che da lì a poco sarebbe diventata la mia seconda casa.
Le attività a cui partecipavo erano sempre molto intense: campi-scuola, ritiri spirituali, attività di volontariato, artigianato, marce per la pace, pellegrinaggi, attività teatrale, attività con detenuti in carcere e tossicodipendenti in comunità, testimonianze di ogni tipo e tanto altro ancora. Anche la quotidianità era importante, il semplice stare insieme attraverso dei giochi o magari semplicemente ascoltando buona musica, o godere di un tramonto insieme agli amici mi dava un motivo per amare la vita. In un’età come quella adolescenziale mi nutrivo come linfa vitale di tutto ciò e mi sentivo appagato, non avevo bisogno d’altro. Tutto questo accadeva a chiunque venisse contaminato dall’energia dell’Epicentro, di conseguenza storie di amicizia pura e relazioni d’amore erano pane quotidiano in quel periodo.
Proprio al Centro infatti conobbi Carmen. Fu così che, inconsapevolmente, nacque un amore che perdura ancora oggi e che ha dato alla luce i nostri figli, Sofia e Giuseppe. “Francesco e Carmen” è una relazione storica dell’Epicentro, ma non certamente perché sia stata tutta rose e fiori, anzi! Abbiamo passato molti anni insieme e attraversato periodi davvero bui, ma siamo ancora qui, felici di esserlo e questo lo dobbiamo molto all’Epicentro, che ci ha trasmesso dei valori indispensabili non solo per la crescita individuale, ma anche per affrontare la vita di coppia e familiare; valori non sempre facili da seguire, ma che ci guidano come una lancetta che indica la giusta direzione su una bussola. È inevitabile accorgersi di quanto tutti gli anni trascorsi in quella realtà ci abbiano plasmati, educati e maturati umanamente: più passa il tempo, più aumenta la consapevolezza di quanto tutto questo si ripercuota sulle nostre scelte di vita e nel quotidiano.
Dunque, cos’è l’Epicentro per me? Beh, se penso all’essenza del Centro, a quello che è stato per me, a cosa ho provato e a quello che ho ricevuto, potrei riassumerlo in due parole: AMORE INCONDIZIONATO. Mi sono sentito amato in un’età in cui tutti ne abbiamo tremendamente bisogno.
In un mondo capovolto che corre sempre più veloce, scandito da ritmi e abitudini alienanti, in cui l’apparenza è diventata sostanza, in cui si cresce con lo spirito rivale della competizione e non della cooperazione, molto spesso i giovani disorientati da rapporti umani sempre più superficiali, sono lasciati soli e allo sbando.
Da diversi anni a questa parte sono stato chiamato al difficile ma splendido compito di padre; chi è genitore lo sa bene: non esiste una ricetta magica per essere dei buoni genitori, ma sono convinto che un po’ di Epicentro in ognuno dei nostri figli possa fare la vera differenza.
Francesco Iantoschi