Mi ritengo in genere una persona fortunata. Nessuna vincita alla lotteria o ritrovamenti di tesori per caso ma già il fatto di essere nato nella parte ricca del mondo mi fa vivere con gratitudine ogni giorno. La fortuna questa volta mi ha fatto scampare la prima fase di lock down. Ad inizio febbraio infatti partivo per il Benin dove sarei rimasto fino a fine aprile. Solo dalla TV francese e dalle telefonate di amici e partenti ho provato ad immaginare l’angoscia di quei giorni. Mi sentivo paradossalmente più al sicuro nella savana africana che nella civilissima Italia, da cui arrivavano notizie di rivolte nelle carceri e camion che portavano via bare. Di quello che stesse accadendo ne ho avuto esperienza solo all’aeroporto di Parigi, durante il travagliato viaggio di ritorno. Un aeroporto enorme, di una metropoli occidentale eppure spettralmente vuoto. Avevo guardato un film ed ora ci ero finito dentro. L’autostrada da Roma a San Severo deserta, l’impossibilità di prendere l’agognato caffè italiano mi spiegavano meglio che tornavo in un Paese diverso da quello che avevo lasciato. Quando mi avvicinavo a casa, ho naturalmente chiamato mia madre per rassicurarla che tutto fosse andato bene e per telefono ho sentito mia madre chiedermi preventivamente scusa perché non mi avrebbe abbracciato e non sarebbe venuta a trovarmi durante la mia quarantena casalinga. Ero in un nuovo sistema di relazioni.
Vi è un prima ed un dopo pandemia.
Mi piace anzi pensare che il dopo non sia ancora arrivato. Da questa pandemia mi aspetto tutto il meglio che non vedo ancora. Io non voglio tornare come prima. Mi piacerebbe tornare a fare le cose come avanti ma con uno spirito ed una consapevolezza diversi. Vorrei che davvero capissimo di essere tutti sulla stessa barca. Vorrei che il nostro sguardo occidentale, adesso più basso perché umiliato da un virus, tornasse ad alzarsi a cercare lo sguardo di nazioni sorelle e che in passato abbiamo impoverito per le nostre vane glorie.
Come vivo in tempo di pandemia? Con lo spirito che la Chiesa ci insegna nei tempi forti di Avvento e Quaresima. Con il colore viola che non è lutto ma attesa per la grande novità che sconvolge e salva. Che questo tempo indeterminato mi sia tempo giusto per essere cambiato.
Spero non cambi la voglia di stare insieme e non dietro un monitor. Spero di rivivere gli abbracci che scaldano l’anima ed i baci che sciolgono il cuore. Nel frattempo mi riaccordo con i desideri profondi.
Mauro Camillo
Sono davvero commosso da questa testimonianza di fede, mi riempire il cuore di gioia…